sabato 4 aprile 2015

Selettore VS Candidato: domande e risposte

Il mondo del lavoro negli ultimi anni è cambiato, le figure professionali ricercate non sono più quelle di un tempo e molto spesso la domanda è nettamente superiore all'offerta. Proprio per questi motivi coloro che si occupano della gestione delle risorse umane sono diventati sempre più esigenti e durante un colloquio di lavoro tendono a fare delle domande che sembrano non avere nessun nesso con la posizione da ricoprire. Perché?

Essendo la domanda superiore all'offerta è estremamente difficile per coloro che si occupano di selezione del personale capire chi fra tanti è il candidato più idoneo. Molto spesso vi sono offerte di lavoro alle quali si candidano in centinaia ma purtroppo la posizione da ricoprire è per una sola persona. La scelta degli addetti alle risorse umane verte pertanto, non solo sulle competenze tecniche, ovvero le qualità professionali di un individuo in termini di conoscenze, capacità e abilità, ma verte soprattutto
sulle cosiddette competenze trasversali, ossia quelle caratteristiche personali dell'individuo che entrano in gioco per trasformare una conoscenza in un comportamento.
Rientrano nelle competenze trasversali la capacità di relazione, di comunicazione, di problem solving, gestione dello stress, lavoro di squadra ecc.

Domande del tipo "quali sono i suoi punti di forza?", "come si vede tra 10 anni?", "qual è il suo più grande difetto? "Perché dovremmo scegliere lei?", sono le classiche domande per testare le competenze trasversali del candidato; attraverso le risposte infatti, è possibile determinare le competenze trasversali della persona riguardanti la sfera più intima, quella non tangibile, utili a capire quanta motivazione e determinazione c'è.

Facciamo un esempio: 
Selettore: " mi descriva un'esperienza della sua vita nella quale si è lasciato trascinare dai suoi sentimenti e ha fatto qualcosa di cui più tardi si è pentito/a"




Dinanzi a tale richiesta l'80% dei candidati tenderà o a non capire e quindi subentrerà la domanda "in che senso?", oppure tenderà a dire che non si è mai pentito di nulla. Apparentemente l'ultima risposta potrebbe essere un indicatore di sicurezza di se stessi, ma in realtà non è cosi. Il selettore attraverso richieste del genere tende a voler capire quanta auto-consapevolezza c'è nel candidato, quali sono i suoi punti di forza ma anche le aree di miglioramento, per cui i candidati consapevoli di sè stessi ammetteranno con franchezza anche di aver sbagliato ma che quella determinata esperienza non è stata un fallimento ma semplicemente un'occasione per imparare qualcosa in più.

Essere consapevoli delle proprie capacità ma anche dei propri limiti non è uno svantaggio, anzi è il modo per capire qual è la posizione lavorativa più in linea con la nostra natura ed è anche il modo per determinare la nostra mission professionale. Laddove non c'è questa consapevolezza si rischia di candidarsi continuamente ad offerte di lavoro senza esito positivo.


Una volta definito chi sei, ciò che vuoi arriverà! 

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